martedì 21 febbraio 2017

Outdoor Education

La bella stagione è finalmente alle porte: queste giornate piene di sole fanno venir voglia a tutti di uscire, e di far respirare aria nuova ai nostri bimbi.
E se invece domani il cielo fosse nuvoloso? E se le temperature si abbassassero di nuovo?
Beh allora non si portano i bambini fuori, che poi si ammalano. Molto meglio tenerli al chiuso, magari in qualche centro commerciale, così almeno stanno al caldo.
Questi sono i discorsi che sento, quasi quotidianamente, dalle mamme e nonne intorno a me.
Tenere i bambini all'aria aperta, portarli a fare un giretto o a giocare al parco è percepita come un'attività extra, da fare solo in determinate condizioni metereologiche e di salute, e di cui i bambini possono benissimo fare a meno.
E considerato che abitiamo in Lombardia, e non ai Caraibi, seguendo questo ragionamento le giornate "buone" per portar fuori mio figlio sarebbero davvero poche.(Quando non fa freddo, non c'è umidità, ma non fa troppo caldo! Praticamente mai!!)
Io non la penso così.
Abbiamo degli amici che abitano in Svezia, in una meravigliosa regione selvaggia, e in passato siamo andati a trovarli sia in estate che in inverno. Ho visto i loro bimbi giocare all'aperto con qualsiasi condizione metereologica: con la neve e -20° gradi, con la pioggerellina, in mezzo al fango.
Di fronte al mio stupore la mia amica mi ha riferito un famoso proverbio nordico:"Non esiste il cattivo tempo, esistono solo i vestiti sbagliati".
Mi ha raccontato che i neonati vengono sovente messi a dormire all'aperto, adeguatamente coperti, anche con il freddo.
Che all'asilo e a scuola ogni giorno sono previsti dei momenti di gioco all'aperto, a prescindere dalle condizioni meteo: i bambini vengono preparati con gli abiti adatti prima di uscire, e cambiati con abiti caldi e asciutti al rientro dal gioco.
Questo perchè l'outdoor education fa parte della tradizione dei paesi nord europei, che riconoscono il valore pedagocico del gioco all'aria aperta.
Ho letto recentemente su una rivista *che proprio l'outdoor education sta prendendo piede anche in Italia.

"E'un'ovvietà che i bambini abbiano bisogno di stare all'aperto, ma negli ultimi trent'anni le condizioni di vita sono talmente cambiate da renderlo sempre più complicato, e oggi ci accorgiamo dei danni che sta provocando"
come sostiene Roberto Farnè, vicedirettore del dipartimento di Scienze per la qualità della vita dell'Università di Bologna.
L'articolo cita infatti i danni provocati dal "deficit di natura": problemi psicomotori, della vista, deficit dell'attenzione e iperattività.
I timori che i bambini si ammalino, che si facciano male e respirino aria inquinata sono chiaramente smentiti da tutte le ricerche: è proprio la frequentazione di luoghi chiusi, come supermercati e centri commerciali, a portare il maggior rischio di diffusione di malattie, ed è proprio la scarsa abitudine a correre, arrampicarsi,e perchè no, anche cadere, a portare i bambini ad essere scoordinati e a farsi male.
Sarebbe bello che anche da noi ci si abituasse a portare i bambini all'aperto ogni giorno, per lasciarli liberi di correre, di esplorare e di testare i propri limiti.
E, già che ci siamo, quando sono nella natura lasciamoli fare: i vestitini macchiati si lavano, le manine sporche si puliscono, ma il loro sorriso mentre corrono spensierati o scoprono un nuovo insetto resterà sempre nei nostri cuori,
e nei loro.

* "Io e il mio bambino" di febbraio.



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