venerdì 30 giugno 2017

Friday book: Smettila di fare i capricci

Ieri Alessandro ha avuto il suo primo, vero episodio di capriccio.
Stavo finendo di pranzare, lui era in fianco a me nel seggiolone, e assaggiava un po'del mio pranzo.
Improvvisamente ha iniziato a comportarsi in maniera stizzita, allontanando la mano se cercavo di dargli cibo o acqua, e a frignare.
L'ho fatto scendere dal seggiolone, pensando che volesse andare a giocare, ma nulla. Si è piazzato ai miei piedi e ha iniziato a urlare e piangere. Qualiasi cosa abbia provato a fare non ha funzionato: ho provato a prenderlo in braccio, a coccolarlo, a sgridarlo, a distrarlo...nulla.
La cosa è durata circa 15 minuti, finchè è arrivato il papà dal lavoro e la cosa è scemata.
E'stato bruttissimo, non avevo idea di cosa fare. E più lui piangeva e pestava i piedi più in me cresceva l'angoscia, e poi la rabbia. Dentro di me è come se fosse iniziato a suonare un allarme che diceva "Tuo figlio piange!!!Devi farlo smettere!!!!".
Quado il mio compagno mi ha chiesto cosa stesse succedendo sono scoppiata a piangere.
In realtà non avevo idea di cosa fosse successo, e questo mi ha mandato in confusione ancora di più.
Ho letto molti libri riguardo ai capricci, l'ultimo dei quali "Smettila di fare i capricci",di R. Cavallo e A. Panarese, ma in quel momento mi sono scordata tutto.
Perché, ovviamente, la teoria è una cosa, la pratica un'altra.
"Smettila di fare i capricci" mi è piaciuto moltissimo. Parte dal presupposto che i bambini vanno rispettati e ascoltati, e che dietro ad ogni capriccio ci sia un bisogno inespresso.
Gli autori elencano un sacco di esempi comuni di capricci e suggeriscono varie soluzioni, tutte validissime.
Elencano anche cosa non funziona contro i capricci: le punizioni, il rinforzo positivo, il time out...
Insomma davvero un libro interessante e utile.
Ma, a mio parere, i due autori dimenticano due cose:
  1. Per mia esperienza personale posso dire che spesso i capricci non nascondono chissà quale bisogno inconscio. Sono semplicemente un modo in cui i bambini mettono alla prova i loro e i nostri limiti. "Fin dove posso arrivare con le mie richieste? Come sapranno arginare le mie reazioni i miei genitori?" Non c'è nulla di sbagliato in questo, anzi, è un naturale processo di costruzione dell'identità. Ma in questo caso, a mio parere, non c'è molto da fare, se non cercare di stare tranquilli e fermi sulle proprie posizioni;
  2. Ecco, cercare di stare calmi, senza farsi travolgere dall'emotività. Questo, secondo me, è il vero grande scoglio da superare per affrontare i capricci. Gli autori fanno riferimento alla loro esperienza come educatori nelle case famiglia:sono entrati in contatto con diversi bambini, alcuni dei quali molto "difficili", e questo ha permesso loro di sviluppare il loro metodo. Ma questi bambini non erano loro figli. Questo, secondo me, fa una sostanziale differenza. Perchè se sono stata brava e competente, in passato, nel gestire i capricci dei miei nipoti, non è lo stesso con Ale. Perchè per quanto ami profondamente i miei nipoti, nutro verso di loro una responsabilità minore e un maggiore controllo emotivo, cosa che perdo con mio figlio.
Cosa ho imparato, quindi, da questa prima esperienza con i capricci? Tante cose, come l'importanza di stare calma, il non prenderla sul personale, pensare ad un modo qualunque di distrarlo...
Spero solo di non dimenticarmi tutto, di nuovo, al primo strillo!

mercoledì 21 giugno 2017

Lavorare da casa

Nella mia lunga e interessantissima carriera lavorativa ho sempre lavorato in ufficio, come dipendente.
E prima di lavorare in ufficio, mentre studiavo, ho fatto la cameriera e la commessa in un negozio di abbigliamento.
Tutti impieghi in cui c'era un orario di lavoro fisso, e in cui mi è capitato pochissime volte di portarmi a casa il lavoro.
Una volta varcata la porta d'uscita nel mio cervello l'interruttore della sezione "lavoro" si spegneva, fino al giorno dopo.
Ora che invece sto iniziando a lavorare come consulente per la vendita per la Usborne, il mio lavoro si svolge per metà fuori casa, quando organizzo le Book Fair e gli eventi, e metà in casa.
Già, perchè lavorare "in proprio"comporta una grandissimo dispendio di tempo: per cercare persone e strutture interessate, mantenere i contatti, mettersi d'accordo, preparare il materiale. E una volta finito l'evento preparare tutto il materiale da distribuire agli acquirenti.
Ed essendo a casa con un bambino di un anno il tempo a disposizione per queste attività è sempre risicato: lavoro quando lui dorme, o quando è con il papà o i nonni.
Per quanto mi piaccia questo lavoro, la mia priorità è sempre passare tempo di qualità con lui, e dedicarmi a lui completamente quando è con me.
Questo significa che mi ritrovo a lavorare la sera tardi, ad esempio.
Settimana scorsa, per preparare i pacchettini per i libri acquistati dai bimbi di una scuola sono andata a letto all'1 di notte!
E che per dedicarmi a questa attività rubo del tempo da qualche altra parte, ad esempio al tempo di coppia.
Non smetterò mai di essere grata al mio compagno, che mi da il suo appoggio al 100%, e mi aiuta se ne ho bisogno.
Inoltre, non lavorando fuori casa, molte persone non pensano che sia comunque un lavoro a tutti gli effetti. Lo prendono come un passatempo. "Ah ho sentito che vendi libri in inglese..bene dai, così ti tieni un po'impegnata!". Come se fosse una cosa che faccio a tempo perso, e non un vero e proprio lavoro.
E invece non mi sono mai sentita così coinvolta e motivata come in questo momento.
Perchè nonostante tutti i sacrifici in termini di tempo e i salti mortali per riuscire a fare tutto, faccio finalmente qualcosa che mi piace e che mi rappresenta.
Questo lavoro mi permettere di esprimere la mia vena creativa, il mio amore per i bambini e per la lingua inglese, e anche di utilizzare le mie capacità organizzative.
Certo, lavorare da casa non è semplice, per nulla. E' un delicato insieme di equilibri che si devono incastrare alla perfezione. E non sempre ci si riesce.
Ma se penso a quando lavoravo in ufficio, e avendo poco lavoro (lavoravo in amministrazione, ed essendo un lavoro fatto di scadenza cicliche, c'erano parti del mese pienissime e altre vuote) passavo i pomeriggi a cazzeggiare arrabbiandomi al pensiero di quante cose avrei potuto fare e quanto tempo perso, non mi manca per niente.
Certo, la stabilità di avere uno stipendio fisso ogni 10 del mese..quella si mi manca!
Ma spero che, con il tempo, anche questo aspetto si sistemerà.


venerdì 9 giugno 2017

La scuola è finita...

Eccomi tornata!
Chi mi segue su Instagram lo sa: nelle ultime settimane sono stata impegnatissima con una Book Fair in una scuola della mia provincia.
E'stata un'esperienza bellissima, anche se faticosa: la scuola in questione ha voluto che organizzassi dei veri e propri laboratori con i ragazzi, con letture, worksheet ecc..
Ma i risultati sono stati ottimi!I ragazzi sono stati entusiasti dei libri e del laboratorio preparato, e io mi sono divertita moltissimo a lavorare con loro.
E anche le vendite sono state soddisfacenti per fortuna!
Una cosa però mi ha lasciato un pochino l'amaro in bocca.
La scuola in cui ho lavorato è una delle più prestigiose della zona: è privata, ha un programma didattico che prevede per i bimbi delle elementari ben 6 ore di inglese a settimana, dispone di lavagne multimediali, professori motivati e competenti ecc.. ecc..
Insomma un'ottima scuola. In cui gli alunni hanno a disposizione tutti gli strumenti migliori per imparare..il che non vuol dire che siano tutti dei geni, ovviamante, ma hanno a disposizione i mezzi per riuscire al meglio.
Cosa mi ha lasciato l'amaro in bocca, allora? L'incredibile divario tra questo tipo di scuola e le scuole pubbliche.
Mi piange il cuore, perchè io non sono una paladina della scuola privata. Anzi. Avendone frequentata una alle superiori so che l'ambiente non è dei migliori (molti figli di papà viziati e con la puzza sotto al naso..).
Avendo diverse amiche che insegnano in scuole pubbliche però non posso non notare il divario pazzesco che divide scuole con insegnati ben pagati e preparati, e scuole con insegnanti sottopagati e che fino all'ultimo non sanno nemmeno se lavoreranno o meno a settembre; scuole che dispongono di strumenti multimediali e scuole che non hanno nemmeno i soldi per fare le fotocopie; scuole che vedono la lingua inglese più o meno come l'ora di ginnastica (un'ora di svago in cui cantare le canzoncine) e scuole che fanno fare agli alunni gli esami di certificazione del livello già dalle elementari.
Due mondi lontanissimi.
So che il mio è un ragionamento utopico, ma l'istruzione non dovrebbe essere per tutti allo stesso livello? Perchè solo chi può permettersi una retta salata può accedere ad una formazione di un certo tipo?
Lo stesso discorso vale, ad esempio, per le scuole montessoriane. Accessibili quasi ovunque solo a chi può permettersi rette altissime. Non credo fosse questo il progetto di Maria Montessori.
Sono sempre stata convinta che nelle scuole la differenza la fanno gli insegnati: e ci sono insegnati della scuola pubblica che si fanno il mazzo anche oltre il dovuto (per esempio investendo soldi propri per i materiali didattici) pur di fare bene il proprio lavoro.
Ma sono sicura che con il giusto stipendio e la giusta valorizzazione del ruolo lavorerebbero ancora meglio.
E penso che ogni bambino, al di la della possibilità economica dei genitori, abbia il diritto alla migliore istruzione possibile.
Non sarebbe bello se la scuola fosse davvero uguale per tutti?