mercoledì 24 gennaio 2018

Lo scaffale dei giochi

Oggi volevo mostrarvi un piccolo angolo della nostra casa di cui vado particolarmente fiera: lo scaffale dei giochi di Ale. Prima del suo arrivo il nostro salotto era super minimal: né a me né al mio compagno piacciono le stanze troppo piene, quindi l’ingombro di mobili e suppellettili era ridotto al minimo. Poi, come sempre accade, con l’arrivo di Ale sono arrivati anche un sacco di oggetti e giochi che hanno invaso lo spazio. All’inizio i giochi erano accatastati dentro due scatoloni Ikea: un’idea comoda, pratica e salva spazio, ma, come mi sono resa bene presto conto, non funzionale al gioco di Alessandro. Infatti il fatto che i giochi fossero buttati alla rinfusa in questi scatoloni impediva ad Alessandro di vederli, di prenderli da solo e di sceglierli. Finiva che giocava sempre con i pochi giochi che erano sopra, e gli altri rimanevano schiacciati in fondo alla scatola. Per non parlare dei vari pezzi e pezzettini dispersi ovunque. Quindi, circa 6 mesi fa, ho deciso che era arrivato il momento di acquistare uno scaffale per i giochi. E’stata una decisione sofferta e ponderata: il mio compagno non voleva altri mobili (benché ci fosse il posto),e comunque non voleva una cosa pesante e brutta che “rovinasse” l’ambiente. Finalmente abbiamo trovato questa libreria, che ha accontentato entrambi. E il modo di giocare di Alessandro è cambiato immediatamente: gioca molto di più da solo, passa ore a scegliere e a riporre i giochi sullo scaffale, può prendere da solo i libri che vuole guardare. La disposizione chiara e ordinata dei giochi gli ha dato una base dalla quale partire per sperimentare tutta la sua fantasia. Perché, come diceva Maria Montessori “C’è un posto per ogni cosa, e ogni cosa è al suo posto”. Certo, mi trovo più volte al giorno a riordinare i giochi sullo scaffale, e questo richiede più tempo che buttare tutto in una cesta. Ma la soddisfazione di vedere Alessandro giocare in autonomia vale assolutamente lo sforzo!

giovedì 18 gennaio 2018

La scuola che vorrei

Nonostante manchi ancora più di un anno all’inizio della materna, sto già iniziando a informarmi sulle varie scuole dell’infanzia (fa brutto se dico asilo??)presenti sul territorio. Per alcune infatti c’è necessità di un preiscrizione molto anticipata a causa dei posti ridotti. E sto iniziando a preoccuparmi un po’, in quanto mi rendo conto che la mia visione della scuola dell’infanzia che vorrei si scontra con una realtà completamente differente. Per mio figlio vorrei un asilo piccolo, direi quasi famigliare. A misura di bambino, in cui la presenza di un numero limitato di bambini abbinati ad un adulto permetta la gestione delle individualità, il rispetto dei tempi e delle fasi di ognuno. Vorrei una scuola che insegni delle regole a mio figlio, ma dove queste regole sono fatte a misura delle sue esigenze. La realtà invece, come credo sappiate meglio di me, è ben diversa: classi sovraffollate (fino a 27 bambini con una sola maestra), e regole necessarie per la gestione di questa situazione. Senza determinate regole, infatti, sarebbe del tutto impossibile per un solo adulto gestire così tanti bambini. Faccio un esempio: il pisolino pomeridiano. Molti bambini a 3 anni ormai non riposano più, altri invece la necessità di quelle ore di riposo la sentono ancora. Nella maggior parte delle scuole (tutte quelle che ho visitato per esempio) non c’è uno spazio adibito alla nanna dei piccoli. E in una scuola, addirittura, mi è stato detto che è possibile portare a casa il bambino dopo pranzo solo nei primi mesi di asilo. Poi “è grande e si deve abituare a non dormire”. Il bambino DEVE abituarsi, DEVE essere in grado, DEVE..DEVE..DEVE.. Ma dove è finito il rispetto del bambino, delle sue necessità fisiologiche? Aver bisogno di dormire non è certo un capriccio, ma una necessità fisica! Certo, alcune alternative diverse ci sono: ma o sono lontanissime, o sono carissime. (Nel mio caso entrambe le cose:carissime e lontanissime!) Eppure noi, con la nostra società, passiamo sopra a tutte queste individualità e necessità perché “E’così che va il mondo, e il bambino prima si abitua meglio è!” E’sicuramente vero, la nostra società è questa, ed è previsto che tutti si adeguano. Chi non si adegua resta indietro (o fuori). Un’amica, una persona nella quale so di poter sempre trovare comprensione, mi ha detto a questo proposito una frase bellissima: “Se tutti, pian piano, pretendiamo qualcosa di diverso dalla società, magari prima o poi la società sarà diversa”. Io lo spero tanto, che le cose cambino, per il bene dei nostri figli.

lunedì 15 gennaio 2018

La paura dei cambiamenti

Ieri sera ero nella cameretta del mio bimbo, e mentre lo ascoltavo raccontare con un linguaggio tutto suo un grande evento a cui avevamo assistito in mattinata (durante la nostra solita gita in fattoria abbiamo incontrato alcuni agricoltori che, con un trattore, si sono occupati di tagliare un albero morto che pericolosamente incombeva sulla strada. Non vi dico Alessando..è impazzito! Ha continuato tutto il giorno a raccontare la storia del trattore che fa cadere l’albero!) pensavo che avrei voluto tenerlo sempre a questa età. E’in una fase davvero spassosa: parla, parla tantissimo con quel suo linguaggio spesso incomprensibile e la sua vocina dolce. Cammina, corre, salta, si arrampica. E’ tremendamente tenero e simpatico, anche se spesso viene fuori il suo lato testardo. Poi, riflettendoci meglio, mi sono ricordata che spesso, in passato, mi era capitato di pensare: amo questa fase della vita di Alessandro, vorrei che non cambiasse mai. C’è stata la fase delle prime paroline, la prima volta in cui ha detto “mamma”.La fase dei sorrisi sdentati, in cui pensavo che i dentini avrebbero cambiato troppo la sua espressione. La fase dei primi passi, emozionantissima. Tutti momenti in cui,guardandolo, ho desiderato che il tempo si fermasse. Ma poi quella fase è passata, e ne è arrivata un’altra, sempre più bella della precedente. Assistere alla nascita e alla crescita di un piccolo essere umano è davvero qualcosa di magico. Ma se prima ero sempre un po’spaventata dai cambiamenti, la maternità mi ha mostrato come tutto cambi, sempre, costantemente, e come davvero non abbia senso cercare di opporsi e affrontare i cambiamenti con ansia. E se penso al futuro, mi chiedo con curiosità e gioia (e meno paura) cosa ci riserverà il futuro. E voi avete una fase preferita della vita dei vostri piccoli? O una fase che invece ricordate con più difficoltà? Io davvero non saprei scegliere. Posso dire però di non aver particolarmente amato i primi mesi: il turbine di emozioni, l’inesperienza, l’ansia di non essere in grado, le notti insonni..Ecco, questa è forse la fase che è stata più dura per me. Sono curiosa di leggere le vostre esperienze!

lunedì 8 gennaio 2018

Di malanni, medici e antibiotici

Mio figlio ha iniziato ad avere la tosse a inizio dicembre. Abbiamo provato i soliti rimedi (aerosol, docce nasali, rimedi antinfluenzali) per un paio di settimane, ma visto che la situazione non si sbloccava l’ho portato dalla pediatra. La quale sosteneva che avesse bisogno di un antibiotico. L’abbiamo ascoltata, e abbiamo fatto tutta la cura di 10 giorni. La situazione sembrava effettivamente migliorata, ma dopo pochi giorni la tosse si è presentata di nuovo. Al rientro dalle vacanze siamo tornati dalla pediatra: bronchite, questa è stata la sua diagnosi. Quindi, a suo parere, ci voleva l’antibiotico, di nuovo. Stavolta mi sono opposta: ho cercato di capire meglio, ho fatto domande, e le ho detto che senza la prova certa che Alessandro avesse un infezione batterica in corso non gli avrei dato di nuovo l’antibiotico. Lei si è molto risentita, abbiamo discusso. Ma alla fine sono uscita dal suo studio con una prescrizione per un esame del sangue. Un semplice esame per controllare dai valori della PCR l’effettiva presenza di batteri. Non è stato semplice fare il prelievo ad un bimbo così piccolo: ovviamente ha pianto, e io mi sono sentita stringere il cuore al pensiero di averlo sottoposto ad un dolore magari inutile. Mi sono sentita pure in colpa. Invece avevo ragione io: oggi abbiamo ritirato le analisi, e non c’è traccia di infezioni. L’antibiotico non serve. Sarebbe stato del tutto inutile, e soprattutto dannoso. Vi ho raccontato questa esperienza per lasciarvi un messaggio: chiedete, approfondite, arrabbiatevi. Se una cosa non vi convince seguite il vostro istinto e andate a fondo. E soprattutto pretendere quello che è un diritto vostro e di vostro figlio: una cura adeguata. Non sono contraria nè agli antibiotici nè ai farmaci in genere, ma mi scoccia constatare quanto i pediatri molto spesso facciamo prescrizioni in maniera molto disinvolta e superficiale. L’antibiotico serve solo se c’è un infezione batterica. E l’infezione è sempre verificabile. Verificate, prima di dare un farmaco che ha un impatto così gravoso sul sistema immunitario dei nostri bambini, soprattutto se così piccoli. Molto spesso si prescrive l’antibiotico per tagliare la testa al toro, quasi fosse un rimedio che tranquillizza gli animi e fa sentire tutti a posto, sicuri dell’efficacia. In realtà nella grande maggioranza dei casi i malanni dei nostri figli sono dovuti a virus, e in questi casi non solo l’antibiotico è inutile, ma addirittura dannoso. Indebolendo il sistema immunitario del bambino lo espone a nuovi attacchi di virus e batteri. Un cane che si morde la coda. E allora va bene l’uso di farmaci e antibiotici, ma con cognizione di causa. E se non ci arrivano i medici, aiutiamoli noi con il nostro istinto materno.